Comunità Nuova sottoscrive e condivide il comunicato stampa di Forum del Terzo Settore Lombardia prendendo posizione nei confronti della DGR 3226, relativa alle misure da attuare nella fase 2 anche nelle nostre strutture residenziali e semi residenziali.

In particolar modo, si evidenziano criticità sul piano della sicurezza, dell’appropriatezza e del rispetto dei diritti e della dignità delle persone fragili.

Ci auspichiamo che l’Assessorato al Welfare di Regione Lombardia sia disponibile a ridiscutere tale provvedimento prima che la sua applicazione generi costi, umani ed economici, e danni irreversibili.

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Comunicato Stampa: Servizi Residenziali: RIVEDERE la delibera sulla “Fase due”

Non è la delibera che ci aspettavamo, non è la delibera di cui hanno bisogno le persone con
fragilità che vivono nei servizi residenziali.
La DGR 3226 è un documento in alcuni passaggi confuso che rimanda continuamente ad altre
norme (sia di carattere regionale sia nazionale) e che quindi non offre un quadro chiaro di
riferimento né alle Agenzie di Tutela della Salute né agli enti gestori che dovranno applicarla. Un
atto che segue una norma di ben altro spessore come il Piano Territoriale regionale per la
riattivazione dei servizi diurni (DGR 3183), di cui auspichiamo una rapida implementazione. Un
Piano Territoriale che rischia di entrare in conflitto con quest’ultima delibera, generando inutili
problemi di interpretazione.
La delibera sui servizi residenziali disegna un impianto che poteva considerarsi adeguato forse
all’inizio della pandemia, quando sarebbe stato più che mai necessario rendere impermeabili i
servizi residenziali, e in particolare le RSA, alla diffusione del Covid-19. Ma sappiamo tutti che le
cose sono andate diversamente.
Applicarla oggi significa pensare coloro che vivono nei servizi residenziali non come persone, con
gli stessi diritti e doveri di tutte le altre, ma come dei “ricoverati” che devono essere
semplicemente curati e assistiti possibilmente rimanendo all’interno delle strutture. Ma chi
conosce la varietà dei servizi residenziali e delle persone che li abitano sanno che la realtà è ben
diversa.
Gli aspetti positivi di questa delibera sono ben pochi. Tra questi c’è: l’estensione dello screening
sierologico (e in caso di positività il successivo tampone) agli operatori e alle tutte le persone
ospitate nelle strutture prevedendo il costo a carico del SSR e la conferma della validità di quanto
stabilito prima dall’art. 48 del DL n. 18 e poi dall’art. 109 del DL 34 in merito alla continuità dei
progetti individuali e di servizio già avviati.

Per il resto le criticità sono diverse, tra queste:
– In primo luogo sul piano della sicurezza. La delibera costruisce un sistema di r
elazioni che al posto
di definire una rete di corresponsabilità tra persone con fragilità, famiglie, enti gestori, Comuni e
ATS scarica tutto l’onere sul cosiddetto “Referente Covid-19” designato dagli enti gestori. Un scelta
utile forse a non assumersi alcuna responsabilità civile e penale da parte delle pubbliche
amministrazioni, ma decisamente inadatta a creare condizioni appropriate di vera sicurezza cucite
su misura delle persone che vivono nei servizi. Un “Referente Covid-19” che dovrà essere
accompagnato da un Comitato multidisciplinare, le cui funzioni e responsabilità non sono del tutto
chiare, ma i cui costi saranno a carico degli enti gestori.
– In secondo luogo sul piano dell’appropriatezza. Le nostre richieste di prevedere atti distinti per la
varie tipologie di Unità di Offerta sono rimaste inascoltate. Tutto confluisce sostanzialmente in un
unico calderone, dove la matrice sono gli interventi previsti per le RSA che vengono poi applicati
per tutta la filiera dei servizi per le persone con disabilità e fragilità di diverse età e con diverse tipologie
di menomazioni e compromissioni. Pensare di garantire sicurezza e dignità applicando le
stesse regole a persone ultraottantenni con diverse patologie e a persone giovani e adulte, ad
esempio, con disabilità intellettiva, con problemi di dipendenza o senza particolari problemi di
salute, prima ancora di essere sbagliato risulta essere del tutto illogico.
– Infine sul piano del rispetto dei diritti e della dignità delle persone con fragilità.
Le restrizioni agli ingressi rimangono quelle del periodo duro del lockdown, quando tutti i cittadini – a prescindere
dalle proprie condizioni di salute – vivevano barricati in casa. Ora si prospetta che, mentre il resto
della società si apre a nuove relazioni sociali, la fase di confinamento per tutte le persone che
vivono nei servizi residenziali si prolunghi a tempo indeterminato, indipendentemente dalle
condizioni di salute delle persone. Le relazioni familiari continueranno, per chi ce la può fare
sempre e solo attraverso lo schermo di un computer. È grave anche non trovare nessun riferimento
e indicazione per garantire il diritto ad uscire in sicurezza dalle strutture alle persone che vi vivono,
a meno che non si consideri soddisfatta questa esigenza con il giro nel giardinetto interno. Per chi
ha la fortuna di averne uno.
Questa delibera recepisce poco o nulla delle osservazioni, dei suggerimenti e dei consigli degli enti
di terzo settore che, ripetutamente, hanno chiesto di non omologare la realtà degli anziani con
quella della disabilità, delle dipendenze, della salute mentale, della neuropsichiatria, dei minori
rispettando i diversi bisogni dei cittadini e delle cittadine lombardi. Avremmo auspicato che
l’esperienza positiva del confronto che ha portato all’approvazione della DGR 3183 in merito ai
Piani Territoriali di riavvio dei servizi diurni e semiresidenziali potesse rappresentare un modello
cui guardare. Così non è stato.

All’Assessorato e alla Direzione Generale Welfare chiediamo di poter ridiscutere la delibera prima
che la sua applicazione generi costi e danni irreversibili.

Milano, 11 giugno 2020
Forum Terzo Settore Lombardia
Alleanza Cooperative Italiane, Welfare Lombardia
Anffas Lombardia
Arlea
Ledha
Ceal
Cnca Lombardia
Uneba Lombardia