Lunedì 22 giugno il Centro per Giovani riapre. Finalmente. Lo fa con la proposta di un Centro Estivo dedicato ai ragazzi delle Medie, le scuole secondarie di primo grado, e ai giovani che frequentano la prima superiore, con il sostegno del Comune di Milano e di Ricetta QuBì Forze Armate. Da luglio, l’offerta sarà rivolta anche a chi frequenta la scuola secondaria di secondo grado.
Il Centro per Giovani sarà aperto 5 giorni alla settimana e ospiterà 2 gruppi di 14 persone su due turni settimanali di 3 giorni ciascuno. Ogni gruppo sarà poi ulteriormente suddiviso in due gruppi più piccoli, di 7 persone, seguiti da un operatore dedicato, come richiesto nelle nuove indicazioni. E poi triage all’accoglienza e uso obbligatorio della mascherina. Molti dettagli e accortezze che non incideranno sull’entusiasmo dei partecipanti.
Gli educatori hanno previsto un laboratorio di serigrafia e uno di musica rap con Associazione 232 (che avete conosciuto nell’ottava puntata di Pausa Caffè), ma anche gite nella natura per soddisfare le esigenze di questi ragazzi che per mesi sono stati costretti in casa e per i quali gli schermi degli smartphone si sono trasformati in finestre e porte da cui uscire. Ora è arrivato il momento di farlo davvero: camminate al lago, visita al faro, biciclettata sono alcune delle attività organizzare, reali e non virtuali!
Selene, Davide, Silvia sono pronti per la riapertura. Sono “carichi” di voglia di rivedere i ragazzi, di fare cose insieme e in presenza, di offrire belle esperienze.
La fase del lockdown è stata dura, ma ci sono stati anche aspetti positivi.
Ora è possibile fare un bilancio: dopo lo scoraggiamento iniziale, si può dire che le cose, poi, sono andate bene.
Le attività di doposcuola, proseguite a distanza, si sono rivelate efficaci. Selene parla dell’ammirazione nei confronti dei ragazzi che hanno superato le difficoltà incontrate: “La quarantena non è stata uguale per tutti: chi era sprovvisto di mezzi, è stato aiutato grazie alla donazione di pc da parte di Fondazione don Gino Rigoldi.
Per i compiti fissavamo 1 o 2 appuntamenti alla settimana e i ragazzi hanno risposto positivamente. Le relazioni si sono trasformate, alcune sono diventate più profonde, più confidenti. Non era possibili frequentare il Centro, ma grazie alle connessioni siamo stati noi a entrare nelle loro case, nel loro linguaggio, utilizzando gli strumenti che padroneggiano di più. Abbiamo conosciuto sorelline e fratellini, sapevamo cosa stessero cucinando i genitori… si sono sentiti più liberi e si sono lasciati andare a confidenze, abbiamo vissuto anche il loro drammi adolescenziali.
Molto importante è stata l’alleanza con gli insegnati che hanno superato la burocrazia degli orari di ricevimento. Abbiamo fatto un lavoro di squadra, la nostra è stata più un’attività di tutoraggio che di doposcuola…e ha funzionato bene anche sui casi a rischio di dispersione.
Non sono mancate anche proposte di attività ludiche per decomprimere una situazione che restava comunque critica. Battaglia navale, caccia al tesoro, paroliere…insomma giochi che fossero realizzabili anche attraverso lo schermo, senza però essere videogiochi. I gruppi di 5, 6 ragazzi erano l’ideale, perché ci consentivano di mantenere la relazione, la chiacchiera.
Purtroppo abbiamo perso alcuni “pezzi”: per poter lavorare bene siamo dovuti a ricorrere a microrgruppi o addirittura alla relazione 1 a 1 con l’educatore. Alcuni ragazzi, quelli che non erano direttamente coinvolti nel doposcuola, non siamo mai riusciti a vederli, sono stati irraggiungibili. Questa è stata una grande perdita.
Ma non dimentico i momenti più belli, gli ultimi proprio in questi giorni, per la preparazione e la discussione delle tesine delle Medie. Nei momenti di maggiore difficoltà, preoccupazione e ansia hanno chiesto la nostra presenza: e noi siamo stati vicini a tutti loro.
Fare l’educatore implica fare insieme: la distanza fisica ha reso tutto più difficile, però nelle relazioni già avviate sono emersi nuovi aspetti che prima non conoscevamo, come la dimensione della famiglia e della casa. Abbiamo trovato un’intimità che prima non era possibile.
Noi educatori del Centro siamo visti, in prima battuta, come aiuto per la scuola: così li agganciamo. Ma poi, poi da lì, nasce tutto il resto”.
Ora si riparte, insieme e meno distanti fisicamente, con la voglia di rivedere tutti coloro con cui la relazione si è rafforzata e con la speranza di recuperare il rapporto con chi è stato più sfuggente.
Vi lasciamo con una bella canzone, suonata e cantata da due delle ragazze del Centro per Giovani durante questa lunga quarantena in cui la voglia di stare vicini, anche se non fisicamente, ha permesso di intensificare le nostre relazioni.
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