Matteo è un pasticciere che ama il suo lavoro, è marito di Angelica e un padre pieno di entusiasmo. 

Ma qualche anno fa era Snorky, per via dell’acconciatura che ricordava i protagonisti del cartone animato degli anni ’80. Così l’aveva soprannominato Leda, la sua educatrice, all’inizio del percorso a Villa Paradiso, quando era molto giovane, a 19 anni. Non si sono mai persi di vista, le loro strade hanno continuato a incrociarsi: Matteo è pasticciere del CAKE l’HUB, la pasticceria di Comunità Nuova Cooperativa Sociale situata a CN l’HUB, mentre Leda continua il suo lavoro di educatrice al Centro Diurno Azimuth.

Nella puntata di ieri di Pausa Caffè, in onda su Shareradio alle 14.30, Leda intervista Matteo, un dialogo che è quasi un “remake” dei colloqui a Villa Paradiso. 

L: Matteo come pasticciere della cooperativa fai nascere tante cose buone…ma in ultimo hai fatto nascere anche una bambina: com’è essere papà? 

M: Difficile… ma è la cosa più bella in assoluto. Jennifer ha 10 mesi e quando torno a casa e ti corre incontro con le braccia aperte fa sparire tutto, non senti la stanchezza anche se c’è.  

L: Com’è questa stanchezza che provi adesso? Come quella che provavi una volta?

M: È molto diversa da quella che provavo prima, quando ci siamo incontrati nel 2012. Sono entrato a Villa Paradiso e pensavo che me ne sarei andato prestissimo. Invece ci sono stato 4 anni. Il percorso è stato lungo e intenso, del mio gruppo siamo arrivati in pochi fino al termine. Ma è stata un’esperienza di crescita che non scorderò mai, una tappa della mia vita. Gli anni della gioventù, quelli più belli, li ho passati all’interno della comunità.

All’inizio pensavo a quelli fuori, a cosa facevano: le uscite, le serate, la discoteca. Poi però ho deciso di prendere in mano la mia vita. Leda era la mia educatrice, abbiamo anche discusso, ma mi è servito tutto. Ho imparato a stare al mondo, mi ha permesso di diventare la persona che sono adesso, con una vita ricca e regolare. Mi sono sposato, la pasticceria è la mia passione, ho avuto la fortuna di conoscere Maurizio Santin. In quell’occasione sono stato davvero fortunato: il progetto è partito poco dopo il mio ingresso in comunità, Micaela, la coordinatrice, mi ha chiesto se volessi partecipare. Io ci ho provato… non sapevo distinguere il tuorlo dall’albume!

L: La tua prima domanda è stata proprio quella: cosa sono il tuorlo e l’albume? una bella metafora… 

M: Eh sì di strada ne abbiamo fatta. Adesso produciamo cose di qualità, belle da vedere e buone da mangiare. 

L: Perché sei stato capace di farti incuriosire, stupire e impegnare. L’impegno è sempre stato un tuo tratto distintivo. 

M: Sì perché è un treno che passa: io ho deciso di salirci e mi è piaciuto. Adesso lavoro 10 ore tutti i giorni.

L: Pensando al tema della puntata di oggi, come ti vedono gli altri e come ti vedi tu, colgo l’occasione per dirti che ti ho visto cambiare, crescere anche, ma soprattutto cambiare: da ragazzo che pensava di aver capito e vissuto tutto, che non avrebbe avuto più nessun’altra esperienza da fare, ti sei trasformato in un ragazzo che invece ha imparato molte cose nuove, con impegno. 

M: Ho imparato perché non mollo, non si può mollare! Le fatiche ci sono sempre, ma non bisogna farsi trascinare da strane idee.  

L: La fatica c’è sempre, è vero, ma ci sono fatiche che portano a risultati duraturi: meglio faticare per quelle.

Anche Morena, ospite del Diurno che avete imparato a conoscere nelle puntate di Pausa Caffé, intervista Matteo, con cui ha lavora in pasticceria da qualche tempo. 

Mo: Inizio con una considerazione personale: mi stai insegnando qual è il mondo del lavoro, sei un grande esempio. Le qualità che ti caratterizzano, secondo me, sono queste: sei altruista, una persona corretta, creativa e coraggiosa. Hai avuto coraggio a fare un passo così importante, confesso che è il mio sogno nel cassetto. Cosa hai imparato su te stesso a Villa Paradiso?

M: Ho imparato a conoscermi, prima quasi non sapevo il mio nome. Ero molto magro, ho imparato anche a mangiare…prima amavo solo risotto giallo, cotoletta e patatine! Parlando più seriamente, ho imparato a rispettarmi, a capire se c’è qualcosa che non va, a relazionarmi con le altre persone. 

Mo: Se potessi tornare indietro, che consiglio daresti al te stesso da giovane? 

M: Gli consiglierei di non mollare la scuola, di ragionare con la propria testa. 

Mo: Tu non ti fermi mai? Sei sempre attivissimo! 

M: Sono sempre attivo, mi piace quello che faccio. Anche a casa guardo video su youtube con le ricette in francese per vedere tecniche diverse. Una mousse fatta in Francia è diversa da una mousse fatta in Belgio. Io prendo quello che può essermi più utile e poi rielaboro. 

Mo: Che messaggio vorresti trasmettere a tutti quelli che ascoltano? 

M: Io consiglio di provare ad aprire una porta e andare avanti verso il nuovo, senza guardare indietro perché indietro puoi sempre tornare, conosci le strade che hai già percorso. E poi consiglio di affidarsi ai professionisti, come gli educatori, che non sono “sbirri”, come si usa dire. Se poi uno non ci sta o non ci riesce,  può sempre decidere di tornare a casa, ma bisogna darsi la possibilità di imparare cose nuove, di vedere il mondo con prospettive diverse. Non esistono solo lo strada la piazza, il bar. 

Proprio questa è la cosa che mi è costata più fatica, lasciare la vita che facevo. Ho continuato a frequentare certi ambienti perché mi piace uscire, andare a ballare, ma devi saperti gestire. Serve molta forza per restare in contesti rischiosi, dove le ricadute sono facili. 

Un’ultima domanda di Leda: Per cambiare ci vuole coraggio, per mettersi in discussione servono determinazione e impegno Chi fa percorsi in comunità ha coraggio perché bisogna guardarsi dentro, vedere anche cose di se stessi che non piacciono per poi affrontarle e cambiarle. Anche alla fine del percorso ci vuole coraggio, per proteggere la nuova vita. C’è una caratteristica del Matteo prima del percorso che ti piace ancora? E una del Matteo di oggi? 

M: L’impegno, lo mettevo anche nelle cose sbagliate. E anche l’educazione, la curiosità e la creatività. Le ritrovo anche nel me stesso di oggi.

L: Quello che hai detto è molto importante. Noi siamo convinti che tutti abbiano risorse, la differenza la fanno gli obiettivi per cui vengono usate. Una persona che sbaglia, che commette errori non è un “debole”: ha risorse che non vengono utilizzare nel modo corretto e utile alla propria vita.