Cosa significa fare l’educatore in una comunità per minori? Quali relazioni si instaurano? Come viene espressa la funzione genitoriale nei confronti di bambini e bambine per i quali il tribunale ha stabilito la separazione dalla famiglia d’origine?

A queste domande risponde Mariachiara, un’operatrice che da 11 anni lavora a Barrhouse, la nostra comunità per minori, fornendo una prospettiva concreta, basata sul vissuto quotidiano.

E l’elemento che più caratterizza l’esperienza in comunità è la cura verso i piccoli ospiti. Una cura che si esplica a livello pratico e organizzativo nelle attenzioni più materiali, come quelle rivolte all’igiene personale o all’ambiente in cui si vive, e a livello emotivo includendo un forte aspetto relazionale e affettivo.

Si tratta, a tutti gli effetti, dei compiti propri di una figura genitoriale.

“Gli educatori” spiega Mariachiara “hanno il delicato compito di trovare un equilibrio tra doveri normativi e di contenimento emotivo e doveri affettivi e di autentica relazione nei confronti dei bambini e delle bambine che accompagnano. La comprensione delle regole dell’esperienza comunitaria si affianca all’interiorizzazione delle più semplici regole di comportamento, mai scontate. Ciò che a noi richiede grande impegno è fornire gli strumenti per aiutarli a riconoscere e nominare le proprie emozioni e per esprimerle in maniera adeguata: il rischio di comportamenti poco appropriati a scuola o con i coetanei è molto alto quando non si riesce a capire quello che si prova”.

Rabbia, sofferenza, nostalgia e senso di colpa si annodano in un groviglio di sensazioni indecifrabili.

“Il senso di colpa è una delle emozioni più ricorrenti nei nostri piccoli ospiti: la percezione è quella di essere in comunità a causa di loro comportamenti sbagliati”. In realtà gli allontanamenti dalle famiglie d’origine sono decisi dal tribunale proprio per tutelare i minori.

“Il nostro obiettivo, attraverso un lavoro impegnativo, meticoloso e complesso, è accompagnarli in un percorso di scoperta di se stessi, di crescita e di autonomia. Questa è la grande responsabilità degli educatori. Fondamentale è la presenza: bisogna esserci per creare un rapporto di fiducia con bambini e bambine diffidenti nei confronti di un mondo adulto che li ha feriti”.

Come conciliare la forte funzione genitoriale, espressa attraverso la presenza, la responsabilità educativa e il rapporto affettivo, con l’organizzazione lavorativa che prevede anche turni o sostituzioni?

Mariachiara individua tre fattori: “Gli educatori di Barrhouse (attualmente sei) condividono dei principi e dei valori di base: pur nelle specificità, sono accomunati dagli stessi modelli operativi. Si possono instaurare dei rapporti privilegiati, che non vanno però a minare i percorsi intrapresi dagli operatori e dai bambini.
Un altro importante fattore è la comunicazione: a ogni cambio turno c’è un passaggio di consegne dettagliato e tutti gli aspetti importanti che emergono vengono discussi nelle riunioni d’equipe.
Infine è stata fatta una scelta pedagogica a mio avviso molto importante: quella di avvicinare la rete di relazioni degli educatori a Barrhouse, intessendo così una grande rete relazionale, sempre nel rispetto della sfera privata di ognuno.
La permeabilità tra questi due mondi aiuta a costruire una continuità affettiva importantissima per i nostri ospiti.
Io non sono una semplice operatrice per loro e loro non rappresentano esclusivamente il mio lavoro: mi conoscono, sanno che quando non sono con loro li penso e questo li porta a fidarsi”.

I rapporti fin qui delineati non citano la famiglia d’origine: come si colloca i queste situazioni difficili e delicate?

“I bambini hanno sempre una grande nostalgia nei confronti della famiglia da cui provengono.
Alcune sono ampiamente coinvolte nei percorsi degli ospiti, anche in prospettiva di un rientro dopo il superamento delle difficoltà che hanno generato l’allontanamento. La funzione genitoriale assunta dagli educatori non è in sostituzione a quella dei genitori, ma va a completarla e a supportarla. Il nostro compito, in sinergia con i Servizi Sociali, è quello di valorizzare la famiglia di origine, dando rilievo e significato a ogni piccolo gesto nelle visite in comunità, durante le telefonate e negli incontri, senza  rinunciare, con trasparenza e onestà, ad aumentare la consapevolezza rispetto alla responsabilità”.